Abruzzo Trail: il Gran Sasso a pedali

Abruzzo Trail in bici, a Campo Imperatore, al cospetto del Corno Grande
Al cospetto del Corno Grande!

Non avevo altra scelta per il mio primo trail unsupported: l’Abruzzo Trail.
L’appennino dolomitico del centro Italia ti strega. Il Gran Sasso ti va dritto al cuore e ti lascia senza fiato. La piana di Campo Imperatore è un luogo di estasi e di pace.
Nel momento stesso in cui visitai questo piccolo paradiso in terra, l’anno scorso, pensai che avrei dovuto pedalare su quelle strade, in quell’aria lieve di montagna.
Durante il terzo giorno dell’Abruzzo Trail, mentre mi lasciavo alle spalle il calcare chiaro dell’Appennino, pedalando da solo, mi è comparso sul viso un sorriso, prima timido, poi libero, pieno, goduto, vibrante. Al limite delle lacrime di gioia.
Un’emozione che rimarrà per sempre. Il motivo per tornare ancora.

Abruzzo Trail: il mio racconto

Quello che segue è il racconto della mia Mags Experience (Mare Adriatico Gran Sasso) – Abruzzo Trail. Non sarà, però, solo un resoconto cronologico del susseguirsi di salite, discese, pedalate e frenate, ma una serie di spunti, memorie, impressioni, bilanci e, forse, consigli su quanto vissuto ed imparato in questa avventura.
I ricordi, d’altronde, sono così: immagini sovrapposte di momenti.

Il percorso gravel

Il tracciato è il cuore dell’evento. E’ l’argomento di discussione tra i partecipanti. Mette alla prova le proprie capacità tecniche di guida, fisiche di resistenza ed organizzative. Ed è anche il canovaccio su cui rappresentare, spesso improvvisando, la propria parte.
L’organizzazione aveva previsto due tracce: una per mountain bike ed una per bici gravel.
Sappiamo che la bicicletta gravel è un ibrido che può avere innumerevoli interpretazioni. Ma di fatto, è inutile girarci intorno, è il ritorno della rigida da fuoristrada. Ha il fascino e i limiti della sua concezione semplice.
Se la vuoi portare in montagna, è meglio avere un bagaglio di guida con la mountain bike. Saper gestire il peso, il bilanciamento, il baricentro. In un gesto dove il corpo è una propaggine della bici. Saper gestire le frenate, individuare le traiettorie corrette, guardando sempre avanti. Da questa base, la gravel ti permetterà di crescere tecnicamente.
Il percorso gravel dell’Abruzzo Trail 2022 era bellissimo. Duro, ma non eccessivamente tecnico.
Il trail, nei tratti in fuoristrada, si dipanava soprattutto su sterrati ampi, la cui più grande difficoltà era il fondo smosso. Tanta ghiaia, grossa o fine. Anche sabbia. Pietre smosse a non finire. Nessuno scalino. Nessun tornante da equilibrismo. Poche radici. Diverse rampe dalla pendenza importante. Ma la cifra tecnica del percorso è rappresentata dal terreno smosso.
Dove non riuscivo a salire, ho spinto. In montagna non mi vergogno di spingere la bicicletta. Soprattutto l’ultimo giorno, quando i già modesti tasselli del pneumatico posteriore si erano definitivamente spianati sul caldo dell’asfalto della statale 80.

Le mie tre giornate all’Abruzzo Trail

Ho suddiviso il mio Abruzzo Trail in tre giornate. Più o meno 100 km al giorno. I primi giorni più impegnativi e l’ultimo più facile. Sulla carta.
Sono sempre troppo ottimista, quando programmo i miei giri. Perché non analizzo tutte le informazioni, non imparo lo sviluppo del percorso, ma cerco di cogliere quello che per me è l’essenziale.
Non è inesperienza. E’ più una istintiva ed inconscia voglia di vivere l’avventura. Non sapere di preciso quale sarà la prossima salita, lascia intatto il gusto della scoperta. E della prova con se stessi.

Primo giorno

Venerdì è dedicato all’avvicinamento in quota. Si comincia a vedere il Gran Sasso sullo sfondo, ma la quota rimane bassa.
Il caldo condiziona la giornata. Mi fermo ad ogni fontana a rinfrescarmi, a bagnarmi la testa e gli arti. Nonostante ciò, poco prima delle 18 finisco bloccato con i crampi, sullo sterrato dopo Azzinano. La coscia destra non ne vuole sapere di mollare la presa. L’acido lattico ha vinto.
Nei pressi si trova l’Agriturismo Lo Scoiattolo, dove fanno sosta Roberto e Marco, due ragazzi emiliani incontrati lungo il percorso. Ci raggiunge anche Peppe che sta seguendo il percorso mtb.
Dopo una cena abruzzese in compagnia, tra chiacchiere e risate, mentre la temperatura finalmente si addolcisce, una confortevolissima tenda ed un sacco a pelo in prestito sono la migliore soluzione per la notte.

Secondo giorno

Si parte presto. Alle 6 e mezza siamo già in bici. Non comincia bene, però. Non ho ancora acceso il gps per seguire la traccia e perdo contatto da Roberto che guida il gruppo. Sbaglio strada. Devo risalire e mi faccio 150 metri di dislivello che avrei volentieri evitato. Devo recuperare i 25 km di ieri, per arrivare a fine giornata a Castel del Monte, dove ho prenotato per la notte. Dopo pochi chilometri foro la ruota anteriore. Fanno due, con quella di ieri.
Ho un attimo di sconforto. Sono da solo, in ritardo di circa due ore sulle previsioni, ho solo un’altra camera d’aria di scorta. Rischio di terminare il mio Abruzzo Trail, così. Praticamente senza neanche aver completato la prima tappa.
Cercando in fondo allo zaino, trovo due camere d’aria.
La giostra dell’umore inverte il senso di marcia. Recupero la tranquillità. Ricomincio a pedalare con calma. Passo delle Capannelle (bellissimo), Valle del Vasto (solitaria), Assergi (caldo e deserto), Fonte Cerreto (turistico), Santo Stefano di Sessanio (storico), Rocca Calascio (iconico). Alle 7 e mezza di sera sono a Castel del Monte (stregato).

Terzo giorno

Doveva essere il giorno più facile. Non so come sia possibile, ma chi ha disegnato la traccia è riuscito a ribaltare la fisica ed il senso comune. Partendo da Campo Imperatore, ritorniamo quasi al mare, percorrendo solo salite.
La prima è la più dura. Per uno nato e cresciuto a Genova Bolzaneto (Bolza per i local), ritrovarsi a faticare sotto il sole impietoso, svalicando sotto le pendici del Monte Bolza, ha il sapore di una beffa maligna. Non me lo riesco proprio a togliere di torno…
La varietà del percorso odierno è impressionante: carrareccia di montagna, sabbia nel canyon dello Scoppaturo, asfalto, fondo compatto nel sottobosco di Vallestrina. Dopo Capo di Serre, prima una sassosa discesa tecnica, poi il foliage nel bosco. I prati verdi al Voltigno, il single track tortuoso del sentiero Serafino Razzi, le strade secondarie semi asfaltate. E monti, prati, rocce, fiori, grilli, cicale, ulivi, farfalle, uccelli, mare…

Errori e migliorie del mio Abruzzo Trail

Come ho già detto, era la mia prima esperienza bike packing con la bici gravel in un trail fuoristrada.
Chi mi segue sa che tre anni fa ho affrontato il Tour del Monte Bianco, in mountain bike. E poi altri due giri sulle Alpi Marittime e Via del Sale. Una due giorni in bici da corsa al Tour de France, l’anno scorso.
Un minimo di esperienza di tour su più giorni ce l’avevo anche prima di partire. Però un trail unsupported affrontato in solitaria è una cosa diversa. Anche se incontri dei compagni e condividi diversi tratti di strada, devi essere preparato per cavartela da solo. E l’attrezzatura, borse, abbigliamento, ricambi ed allestimento della bici, possono condizionare la riuscita del giro.
Ed è comunque impossibile prevedere tutto.
L’abbigliamento che mi sono portato era ridotto all’osso, ma centrato. Il meteo ci ha regalato tre giornate di sole caldo, anche troppo. Non ero molto preparato per il brutto tempo, a parte le borse stagne ed una giacca impermeabile. Avrei superato senza problemi un bel temporale, ma il cattivo tempo su più giorni sarebbe stato un ostacolo decisivo per il completamento del giro. In ogni caso. A prescindere dall’attrezzatura.

Abruzzo Trail: errori tecnici

Ecco i principali errori che ho riscontrato:
– rapporti troppo duri: pedalare il 40×42 su fondo ripido e smosso (con il carico a bordo) trasforma la pedalata in un esercizio tra il difficile e l’impossibile
– pneumatico troppo stretto e poco tassellato: ero in dubbio se cambiare pneumatici prima della partenza oppure no. Il WTB Riddler da 37 mm si è rivelato una scelta un po’ risicata. Anche perché già ampiamente consumato. Personalmente non esagererei nella scelta alternativa. Se è vero che mi è mancato supporto in fuori strada, sia in termini di volume d’aria che di disegno dei tasselli, ho goduto sull’asfalto (che era comunque una metà circa del percorso). A posteriori, probabilmente non andrei oltre un Raddler da 40 mm, in buone condizioni.
– scarpe Decathlon: sulla gravel uso delle scarpe Decathlon da XC di media gamma. In una prova così impegnativa sono risultate essere carenti di sostegno in fase di camminata e poco ventilate. Ho avuto dolori e caldo ai piedi per tre giorni. Le Mavic Crossmax che uso per l’enduro sarebbero state più consone al percorso e più comode, anche se più pesanti.

Abruzzo Trail: le migliorie

Ci sono poi un paio di cose che dovrò migliorare nelle prossime esperienze di bikepacking:
– il manubrio: una presa con più flare, con le leve montate più aperte, garantisce il movimento del comando del cambio, quando si monta una borsa da manubrio. Inoltre, un manubrio con minor drop, più raccolto, rende più facile e sicuro il passaggio dalla presa alta a quella bassa, disincentivando la comoda, ma rischiosa abitudine di frenare con la presa alta.
– borsa da sella: le prove di installazione mi avevano lasciato qualche dubbio, l’uso me li ha confermati. La borsa si muoveva, da destra a sinistra, seguendo il movimento del corpo, rendendo il fuorisella instabile e poco redditizio. Alle prossime occasioni proverò a legarla per bloccarla, oppure la sostituirò.

L’accoglienza abruzzese

Non è come l’accoglienza ligure del famoso trio. La disponibilità delle persone è naturale e spontanea.
Renato della Country House Lo Scoiattolo ci ha offerto tre sacchi a pelo e due tende, ospitandoci nel prato del suo incantevole agriturismo.
L’Azienda Agricola Mappavel’s di Castel del Monte, insieme al pacchetto della colazione, mi ha preparato anche quello del pranzo. Di loro iniziativa, senza neanche farlo presente. Quegli affettati, focacce e formaggi mi hanno salvato il pasto del mezzogiorno.

Cosa dire della barista del Bar Arno a Fano Adriano? Che ha pazientemente assecondato le mie richieste (prima uno straccio e poi un sacchetto), mentre sostituivo il pneumatico, ancora sporco di lattice del sistema tubeless?
E quella famiglia ad Assergi che, mentre preparava il pranzo in giardino, si è resa disponibile a riempirmi, pure in fretta, la borraccia quasi vuota?

I compagni

Durante l’Abruzzo Trail ho incontrato diverse persone. Con alcuni ho condiviso diversi tratti del percorso.
E’ bello fare delle conoscenze che possono essere insieme leggere e profonde. Ci si incontra, ci si perde e poi ci si ritrova. Siamo in mano al caso.
Si parte dalla stessa passione. Si ascoltano le storie di ognuno. Ci si aiuta nel momento del bisogno. Si mettono a confronto le esperienze. Si pratica l’esercizio dell’umanità.
Anche un ciclista di passaggio rallenta per scambiare quattro chiacchiere. Incuriosito da un genovese perso per tre giorni nell’Abruzzo profondo.
Ho però abbandonato l’illusione che sia la bicicletta a favorire questi aspetti di solidarietà e comunione. Ce li devi avere prima. Un partecipante incontrato alla Fonte Zorlana che, al mio saluto “Come andiamo?”, risponde “In bicicletta”, non merita la bicicletta che sta pedalando. E’ un parvenu del ciclismo.

Conclusioni

E’ stata un’esperienza incredibile, ricca ed appagante.
Grazie all’organizzazione tutta dell’Abruzzo Trail per la passione, la disponibilità e la professionalità.
Sarà bello ritornare!

2 Risposte a “Abruzzo Trail: il Gran Sasso a pedali”

  1. La tua voglia di Avventura è contagiosa…
    Grande Socrate !!!
    Come sempre racconto essenziale e appassionante.
    A presto in Bicicletta !

  2. Grazie Francesco per le tue bellissime riflessioni su questo giro in Abruzzo, mi sembra di averlo fatto 👍Ottimo anche su spunti di come affrontare e migliorare la preparazione ad un trail.

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