C’è sempre tempo nella vita per le rivincite. Soprattutto quando sono con te stesso.
Nel maggio 1995 partecipai alla Gran Fondo Rapalleide. Partito con la convinzione di concludere il percorso lungo, mi ritrovai al ristoro di Rezzoaglio spaventato dalla salita che ancora mi attendeva ed optai per il percorso corto (comunque 148 km).
Dopo 27 anni, venuto a conoscenza, per caso, del Brevetto del Levante Ligure, ho accettato la sfida. Mi sono preparato e mi sono preso la mia rivincita, appunto.
Cos’è il Brevetto del Levante Ligure
Il Brevetto é un’iniziativa sportiva ideata e promossa dalla società ciclistica rapallese Geo Davidson, che ne gestisce anche l’omologazione.
Chiunque può percorrere uno dei tre tracciati (bronzo, argento e oro) dell’entroterra del levante ligure, in gruppo o in solitaria, per poi, rispettando le modalità previste nel regolamento, ottenerne il riconoscimento.
Personalmente apprezzo molto questa modalità. Non ha la frenesia agonistica, per chi non se la può più permettere. Ognuno gestisce a proprio piacimento le forze, il ritmo, le pause, i ristori, senza un tempo massimo od una classifica.
Il percorso oro, come avrete capito, ricalca (tranne il primo tratto che seguiva la panoramica dei Cavi) il tracciato della summenzionata Rapalleide, gran fondo ligure che vide poche edizioni, abbandonata per motivi organizzativi od economici. O forse per entrambi.
Il mio Brevetto del Levante Ligure
Parto da Rapallo il 18 giugno alle 8 meno 10. Questa primavera ha già da alcune settimane il sapore di un’estate inoltrata. Cerco di anticipare un po’ la calura, ma il tentativo non passa inosservato al meteo. Una volta era motivo di ilarità e simbolo di sfortuna, adesso avercene di nuvole di Fantozzi!
Quale rapporti monto per affrontare i 3.800 metri di dislivello della giornata? Corona doppia 50X34 e 10 velocità dietro, con un pacco pignoni 11-28, prefiggendomi di usare il 28 il meno possibile, per conservare un cuscinetto psicologico di sostegno, quando la stanchezza diventerà una cosa seria.
Passo del Bocco e Ghiffi
La salita delle Grazie è il primo test. Niente in confronto al menu del giorno, ma avere brutte sensazioni sulle prime rampe sarebbe stato di pessimo auspicio. La supero indenne e mi addentro nell’entroterra, seguendo il corso del torrente Entella.
L’inizio del Passo del Bocco, appena superato Borgonovo Ligure, ricorda vagamente il Gavia, nel lungo rettilineo che sale da Bormio.
Il Giro d’Italia è passato poche settimane fa. L’erba a bordo strada è tagliata di fresco. L’asfalto è un biliardo. Questa strada ha già avuto il suo tributo di sangue il 09 maggio del 2011, con la improvvisa ed insensata morte di Wouter Weyland. Nessuno vuole rischiare ancora su queste strade.
Si sente già il caldo. Mi sono ripromesso di idratarmi con molta attenzione, facendo buon uso dei sali minerali. Bevo con regolarità, talvolta anche controvoglia. La riuscita del percorso odierno di quasi 200 km passa soprattutto dalla cura diligente di questo aspetto.
Cerco di tenere un passo spedito, senza esagerare. Certo è che, andando a passeggio, stasera a casa non mi vedono neppure per cena.
Il cima al Bocco mi faccio una seconda colazione: caffè e focaccia.
Il Passo Ghiffi, sul crinale che divide la Liguria dall’Emilia, è una formalità di poco meno di 3 km, prima di cominciare la ripida discesa verso Borzonasca.
Il Passo della Forcella
E’ una salita lunga, che conosco poco. Il Passo della Forcella è uno snodo fondamentale nel mio Brevetto del Levante Ligure. Ci vorrà circa un’ora ad arrivare in cima. E’ quasi tutta esposta al sole. Alimentazione ed idratazione, se mal gestite, possono trasformare questo blando passo appenninico in un calvario.
Procedo tra folate di aria calda, mentre la schiena cuoce sotto i raggi del sole.
A Bertigaro, un rivolo d’acqua che scorre lungo la strada anticipa un getto che esce impetuoso dalla roccia.
Mi fermo, mi bagno e mi rinfresco la faccia, le braccia, le gambe. Cerco di far scendere un po’ la temperatura.
Il passo non si vede mai. Si intuisce, negli ultimi chilometri, quando la strada piega a sinistra e sale modestamente in costa. Ci si arriva di lato. Il bosco a bordo strada impedisce la vista di questa forcella d’accesso alla Val d’Aveto che segna il passaggio dall’ambiente e la vegetazione costiera alla montagna.
Condivido l’area di sosta attrezzata con una coppia di motociclisti ed un uomo che sta pranzando solo.
Probabilmente si sarà interrogato sulla mia solitudine quanto io sulla sua. Avrà le sue buone ragioni, come io le mie.
Due barrette non sono un certo un pasto, ma sono quanto basta per riprendere le forze. Un vocale alla moglie e riparto.
Passo del Chiodo
Mi sento bene. La testa regge. Le gambe pure. La bicicletta è in ordine ed ho tutto sotto controllo.
Forse è questo il senso di queste cavalcate solitarie: vivere intimi attimi di libertà ed esasperare il senso del controllo, sospendendolo continuamente in bilico tra il certo e l’incerto, il previsto e l’imprevisto. Un semplice gesto come aver regolato il freno posteriore ed eliminato un fastidioso fischio, la sera prima, è solo un altro segnale che posso farcela.
La fontana di Rezzoaglio è una tappa obbligata. Bevo e ancora bevo.
Superato il dislivello che porta a Villanoce, comincio a pregustare la Coca Cola che berrò al bar di Gramizza.
E’ qui che inizia la salita al Passo del Chiodo, uno dei suoi tre versanti. Quello che mi spaventò 27 anni fa.
L’esaltazione non sembra poter coesistere con lo stato di rilassamento indotto da un anestetico. In un ciclista, però, questi due stati convivono. Solo così si può spiegare la determinazione ad affrontare , dopo 96 km, una salita di 700 metri di dislivello, con diversi punti di pendenza a doppia cifra, senza un’incertezza, un dubbio, un ripensamento. Un metro superato vale il doppio di uno ancora da affrontare. La motivazione si autoalimenta.
Aspetto l’ombra della foresta del Monte Penna, ma arriva solo ai 1.200 metri sul livello del mare.
Si sente il profumo della resina degli alberi tagliati a bordo strada. Poche ore fa, sul lungomare di Rapallo, quest’oasi di fresco, in un paesaggio alpino, era impensabile. Anche questo è il Brevetto del Levante Ligure.
Santo Stefano d’Aveto
Tra le cose non previste, c’è la salita che collega il Passo del Chiodo alla statale del Tomarlo. La strada disegna una sorta di ampia gobba concava: prima scende e poi risale.
Raggiunta la statale, è senza dubbio discesa quella che porta a Santo Stefano d’Aveto. Sono le quattro del pomeriggio. E’ l’ora di concedermi una pausa e mangiare un toast.
Ne approfitto anche per fare stretching. Stirare i muscoli. Sciogliere le gambe e la schiena. Allentarne la tensione e la disperdere la fatica.
La discesa da Allegrezze a Rezzoaglio è vivace, ripida, sinuosa e veloce. Un bel divertimento.
Lo sguardo sempre avanti, oltre le curve, mentre la mente va ancora più avanti. Non è il Passo della Scoglina a preoccuparmi (affrontato da questo versante è poco più di un falsopiano), ma il Passo della Crocetta, tra circa 40 km., tutti da pedalare con il rapportone per fare finalmente un po’ di velocità.
Il Passo della Crocetta
6 km all’8,5% dopo 162 km di pedalata. Potrebbe non servire altro per descrivere e raccontare lo Zoncolan del Tigullio.
Non ho ben chiaro cosa mi può spingere ancora a salire. Ora le forze rimaste sono veramente poche. Non è mal di gambe. E’ un senso di vuoto, mentre le cosce, luccicanti di sudore, stantuffano su e giù. Ancor peggio, quando sono costretto ad alzarmi dalla sella. Fisso un punto, conto le pedalate e mi lascio ricadere sulla sella, ora più scomoda di quando la avevo lasciata.
All’inizio della salita giro i pedali con regolarità, nascondendomi dentro un sentimento di atarassia. Dopo un po’ non basta. Mi aiuto con qualche insulto, buttato lì, così. Contro la strada, la pendenza, il sole che mi aspetta dietro le curve più ripide. Contro questo maledetto rettilineo finale che sale sempre più.
Brevetto del Levante Ligure: è fatta!
E’ ripido (e sconnesso) anche il versante rapallese della Crocetta. Cosa che rende l’idea del Brevetto della Crocetta assolutamente desiderabile e la colloca tra le mie imprese ciclistiche del prossimo futuro.
Lungo la discesa un bello scorcio sul golfo di Rapallo ed il Promontorio di Portofino. Finalmente, di nuovo, il mare. Riaffiorano i ricordi dell’arrivo della Rapalleide, quando questa strada mi era sconosciuta.
Arrivo a Rapallo, dopo 11 ore di pedalate. Un tappone alpino a due passi dal mare: il Brevetto del Levante Ligure.