“Ci saranno circa 200 metri!” – “All’arrivo?” – “No! Di ombra” Ipotetico dialogo tra due ciclisti che si incontrano sulla Strada Provinciale che risale la Valle Varaita e che collega Piasco al Colle dell’Agnello.
Certo un destino beffardo, per una valle che ospita il Bosco dell’Alevé , il più esteso bosco di pino cembro di tutto l’arco alpino.
La spiegazione risiede nella disposizione geografica della valle e della strada che la risale: irremovibilmente lungo il percorso del sole, da est a ovest. In salita. Ed immancabilmente da ovest ad est, in discesa.
Le fronde della vegetazione lungo la strada non riescono a proiettare la loro ombra sull’asfalto.
Risultato: sole nella schiena a salire e sole nella schiena a scendere. Fisso. Polpacci e collo scottati al rientro a casa.
Quando la strada si sposta da questo asse, piegando verso nord ed affrontando alcuni tornanti, è troppo tardi: la vegetazione lungo la strada è già sparita.
Ritorno al Colle dell’Agnello
La avevo già affrontata la salita al Colle dell’Agnello, il 9 luglio del 1995, durante una delle prime edizioni della GF Fausto Coppi. In quegli anni ancora la sua ispirazione era più vicina al mondo francese delle randonée che all’agonismo italiano. Il quale difficilmente risparmia un cavalcavia, figuriamoci una salita alpina…
Fatto sta che in quell’edizione il percorso prevedeva: partenza da Piazza Galimberti a Cuneo, Colle dell’Agnello, Guillestre, Col de Vars, Colle della Maddalena, Borgo San Dalmazzo, Cuneo. Per un totale di 242 km. e 4.300 m. di dislivello circa. Percorsi in 10 h e 29 minuti. Di tutto rispetto…
La Salita
Salita bastarda quella del Colle dell’Agnello. Questo, insieme alla bellezza imperiale del paesaggio, il mio ricordo di 26 anni fa. Tutto confermato.
Sicuramente più dura del Col de l’Iseran affrontato il mese scorso. Il sito www.salite.ch mi da ragione. L’indice di difficoltà per il Colle dell’Agnello, affrontato da Piasco è pari a 1.392, mentre l’Iseran affrontato da Lanslebourg (il versante più duro) è 997.
Influisce la lunghezza complessiva. Ma soprattutto la pendenza del tratto finale. Quell’erta terribile che tutti i colli alpini hanno e che ti fa pensare: “La prossima volta parto da qua!”.
Mentre da Bonneval sur Arc sali 977 m. in 13,5 km (pendenza media del 7,3%), dalla curva a sinistra in fondo al rettilineo di Chianale (appena passata la sbarra di chiusura invernale della strada) fino al Colle dell’Agnello sono 9 km precisi per 897 m. di dislivello. Tradotto: 9,96 % di media!
E poi é bastarda perché mancano i riferimenti chilometrici. Nella cura di questo aspetto, i francesi sono maestri. Sulle grande salite, cartelli dedicati o pietre miliari accompagnano il ciclista nella sua ascesa. Sai sempre quanto manca, a che quota ti trovi e le pendenze che ti aspettano.
In questo caso, per 49 km. il nulla. Il Colle dell’Agnello smette anche di essere segnalato come direzione. Solo ai meno 8 un cristiano premuroso ha cominciato a scrivere per terra i km mancanti e la quota d’altitudine. E, con la precisione di un metronomo, ogni chilometro sono 100 metri di dislivello.
La mia ascesa – parte prima
Dividerò la salita in tre parti: la risalita della parte bassa della valle fino a Caldane, il tratto da Caldane fino a Chianale e poi il tratto finale Chianale – Colle dell’Agnello.
La prima parte di risalita procede con pendenze piuttosto dolci, ogni tanto qualche “scalino” per verificare i battiti del cuore. La strada avanza con diversi rettilinei che non intimoriscono.
Il vero problema è il fondo stradale. Sulla destra l’asfalto è per diversi tratti sconnesso ed è impossibile percorrerlo. Così bisogna stare al centro della strada. Molti cartelli, fatti installare dall’opera meritoria di Paola Gianotti, ricordano alle auto di tenere la distanza di sicurezza dai ciclisti. Difficile quando sei obbligato a pedalare al centro della corsia di marcia. Bisognerebbe che ora i comuni italiani si decidessero a riasfaltare le strade, perché buona parte della sicurezza degli utenti della strada dipende da questo.
Passo Sampeyre, lasciandomi sulla sinistra la discesa di Elva, da dove sono arrivato tre anni fa scendendo dal Colle di Sampeyre. Riconosco il bar dove mi rifocillai.
Pedalando ho il dubbio che all’inizio della valle abbiano messo il divieto d’ingresso alle moto che non siano BMW GS. Quando hanno fatto la promo regalo non mi ha avvisato nessuno. O forse non è così. Il caldo mi confonde.
La mia ascesa – parte seconda
Arrivato ad 1.180 m, in località Caldane, improvvisamente compare un tornante. Il primo di una breve serie di quattro. Si aggira un bel prato da fieno e si comincia a salire. Alla fine dei tornanti do un’occhiata all’altitudine sul GPS. Completamente sballata. Lo aveva già fatto sul Moncenisio e sull’Iseran.
Mentre mi siedo, dopo un tratto in fuorisella, mi sento mancare il fiato. Non so quanti chilometri mancano (perché ormai ho capito che i 51 km segnalati da salite.ch sono errati, a meno di salire al 10% per il resto del percorso). Non so a che punto sono dell’ascesa. Mi ricordo che Chianale è a 1.798 m. Mi resetterò più avanti.
A Casteldelfino prendo acqua alla fontana. Terminato il tornante che abbraccia il paese dall’alto, si comincia a fare sul serio. La carreggiata si stringe. La riga di mezzeria sparisce. Pendenza a doppia cifra.
In località Castello, un cartello toponomastico mi segnala 1.603 m.. Faccio i conti. Il mio GPS segna 770 m. in più. Magari…
Sul lungolago, vedo un ciclista che mi precede. Approfitto del tratto pianeggiante per accelerare. Lo raggiungo appena prima della seggiovia di Pontechianale. Vorrei stare insieme a lui, ma la sua bici scricchiola terribilmente. Ho bisogno di concentrazione. Quel rumore mi infastidisce.
Dopo una rampa affrontata con un rapporto troppo duro, lo scricchiolio si fa sotto. Appena in tempo per avvisarmi che sto perdendo i manicotti (riposti maldestramente sotto la sella). Mi fermo. La lepre riparte. Lo raggiungo non appena si ferma all’attacco del tratto finale. Ci salutiamo. Mi augura “Buon Colle”. Rispondo “Altrettanto”. Qualche istante dopo capisco che mi ha abbandonato al mio destino.
La mia ascesa – parte terza
Una rasoiata alla gambe. Un’impennata al 16% mi fa pensare che il mio fugace compagno non sia stato pavido, ma solo più saggio.
La lingua d’asfalto si arrampica tra i campi. Il fondo stradale, ora apparentemente lisci presenta per un tratto degli strani avvallamenti.
Il cielo blu incorona le cime d’argento. La gola comincia a seccarsi. Ogni tanto arriva un po’ di vento contrario. Bevo tanto, ma la situazione non migliora.
Difficile andare più forte dei 6 km/h. La strada è stretta e le auto mi danno fastidio. Anche le moto che mi sfrecciano accanto con il loro frastuono.
Passa un francese con uno strano veicolo a pedali e tetto a celle solari. Più avanti lo vedrò dall’alto che spinge. Il macinino elettrico lo ha tradito.
Sopra di me una serie di tornanti. Bisogna superare un contrafforte. Sulle pendenze più dure procedo un po’ a zig zag, per addolcire la ripidezza. Sui tornanti allargo il più possibile, ma non trovo tanto giovamento. In quelli verso destra trovo regolarmente un’auto in senso contrario che mi impedisce di sfruttare la careggiata.
In cima al contrafforte la strada costeggia il pendio, passando a fianco del Lago del Piz d’Asti. Mentre prendo fiato, una voce femminile mi passa accanto e saluta. Ha un bel passo. Avevo visto il suo puntino salire dall’alto dei tornanti. Aspettavo il momento del sorpasso.
Mancano due chilometri, non posso rischiare il fuori giri per cercare di resistere. Così uso la sua sagoma come un utile riferimento. Accelero quel tanto per non perderla di vista.
L’ultimo chilometro del Colle dell’Agnello
Alla vista della scritta per terra dell’ultimo chilometro, mi scappa un sorriso. Si vede il Colle. 990 metri. 980. 970. La ragazza non mi avrà dato più di 300 metri. Il rettilineo che precede le ultime due curve richiede il suo giusto tributo di sudore. Non penserai mica di essere già arrivato?
Strava mi dirà alla fine che sugli ultimi 9 km. ho tenuto una VAM di 651. Più forte dei 569 sulla distanza totale. Sembro fermo, ma sto andando.
L’ultimo tornante. Eccolo, il Colle dell’Agnello. 26 anni fa non c’era quel blu all’orizzonte.
La bicicletta ti fa attraversare l’inferno per raggiungere il paradiso.