Seconda tappa Tour del Monte Bianco

seconda tappa tour del monte bianco
Vista dal Col du Bonhomme – in lontananza uno dei Lacs Jovet

Eccoci alla seconda tappa del nostro Tour del Monte Bianco in mountain bike. Se non l’avete ancora letto, il resoconto della prima tappa, lo trovate qui. Chi sta seguendo il racconto, invece, sa già che siamo a Bourg-Saint-Maurice. E’ venerdì 12 luglio 2019. Il tempo è bello anche stamattina. La nostra prossima destinazione è Les Houches, comune satellite di Chamonix.
Ci dovremmo fare 15 km. di salita su asfalto per ritornare sul sentiero ufficiale del Tour del Monte Bianco, se non avessimo prenotato lo shuttle…
Il nostro “chaffeur” si presenta puntuale. Poiché sono l’unico del gruppo che parla francese, mi faccio avanti per primo. Al mio saluto in francese, mi risponde in inglese. Strano…un francese che parla inglese…
Quando sul pulmino mi fa una faccia perplessa di fronte alla mia affermazione che il Passo dell’Iseran (che rimane in fondo a destra mentre percorriamo le prime curve della strada) è la strada più alta d’Europa, ho la conferma che lo “chaffeur” è in realtà un “driver”: ingegnere scozzese, trasferitosi in Savoia con la famiglia per vivere delle sue passioni: lo snowboard e la mountain bike.
Fermata prenotata a Les Chapieux, anzi in verità qualche tornante più in alto.

Il Col de la Croix du Bonhomme

L’asperità principale di giornata è il Col de la Croix du Bonhomme a 2.443 m.
Lasciato il furgone, cominciamo a pedalare su uno sterrato ampio, sul bordo di una morbida e ampia valle erbosa. Attraversiamo un ponticello sulla destra e davanti a noi si presenta un bel panettone d’erba, dall’aspetto rilassante ed accogliente. Un sentiero lo attraversa, puntando dritto verso nord. E verso il cielo.
Non ricordo chi si è arreso per primo. Ricordo solo di aver preso la bici in spalla e non averla scaricata che dopo più di 600 m. di dislivello. Impensabile provare a pedalare ancora. Rispondendo a turisti francesi incuriositi dal peso sulle spalle, superando orgoglioso un gruppo di escursionisti non troppo allenati, dopo un paio d’ore, la visione del rifugio ha dato un senso alla mia fatica. Ma che spettacolo, la salita! Voltarmi ogni tanto ed ammirare il fondo della valle che stavamo abbandonando!
Il gestore del rifugio, una guida alpina locale, non ci incoraggia molto. Secondo lui, siamo in ritardo per poter arrivare a Les Houches per la sera. Ci rincuora solo sapere che il Tour in mountain bike nella direzione opposta alla nostra sarebbe stato impossibile, secondo il suo parere.

Il Col du Bonhomme e la discesa

Anche se sarebbe quasi ora di pranzo, non ci fermiamo, un po’ spaventati dalle previsioni della guida.
Scendere dal colle non è proprio agevole: è disseminata di rocce questa montagna!
Gli escursionisti che ci vedono scendere, un po’ in bici, un po’ a piedi, ci guardano straniti. In effetti, bisogna riconoscere che in questa seconda tappa del del Tour del Monte Bianco (ma in verità i tutti i quattro giorni) non abbiamo incontrato nessun biker che facesse il nostro stesso giro.
Lungo la discesa attraversiamo qualche bel tratto di neve, driftando allegramente sotto lo sguardo preoccupato di un escursionista che ci viene incontro.
Un breve tratto di salita e sono sul Col du Bonhomme. Finalmente primo in vetta.

Si mangia

Incontrato sul percorso il Refuge de la Balme decidiamo che, nonostante il (presunto) ritardo, sia giunto il momento di pranzare. Peccato che il gestore non ci abbia voluto vendere la birra: niente asporto, solo per chi consuma all’interno. Non è per la tirchieria genovese che non avrei mai accettato quella condizione, ma più che altro per non perdere l’occasione di mangiare il cibo dello zaino ed alleggerirlo un po’. E poi l’acqua della fonte era buonissima, così come il formaggio e i salamini comprati la sera prima in paese.
La discesa ci porta a fondo valle, le pastiglie della mia mtb decidono che è l’ora di farsi sentire e cominciano a fischiare in maniera fastidiosa.
Arrivati sulla strada asfaltata, siamo disorientati. Il biker alpino dopo la vita in alpeggio, non è a più a suo agio nella civiltà, anche se questa si manifesta in maniera sporadica e rarefatta.
Insomma, abbiamo rischiato di perderci. Senza gps e in assenza di frecce o indicazioni, abbiamo tentennato un po’. Il senso della direzione era chiaro. La strada da prendere un po’ meno.
Alla fine, carta alla mano, da Bionnay prendiamo l’asfaltata che ci porterà al Col de la Voza.

Il Col de Voza

La salita al Col de Voza è ripidissima. Si inerpica dietro le villette di fondo valle di Bionnay.
La prima parte su asfalto è un calvario. Si fa fatica a stare in equilibrio. Io e Luca ci scambiamo continuamente le posizioni. Va in crisi lui, mi riprendo io. Vado in crisi io, si riprende lui. Su Strava il primo segmento è stato chiamato “First part Bionnasay terrible!” con una pendenza del 15,6%. L’ultimo km. per arrivare a Bionnassay ha una media del 13% con punte al 18%.
E’ una salita inattesa, mal calcolata dal sottoscritto. Ho rischiato l’ammutinamento. Invece tutti zitti e pedalare. Incredibile quante risorse si trovino dentro la mente umana, se sai scavare fino in fondo dentro la tua fiducia.
La parte finale è sterrata. Interminabile. Solo il pensiero che è l’ultima salita di giornata fa stringere i denti e proseguire. Finirà prima o poi. Non credo che la rifarò mai più. Anzi, decisamente non voglio farla mai più. Ci fermiamo a bere qualcosa al Refuge du Fioux, quando mancano solo 150 m. di dislivello al colle, ma non ce ne siamo neanche resi conto.
All’arrivo sul colle ( 1.657 m.), incontrare i binari della Tramway du Mont Blanc è un insulto alla nostra fatica. Ho sputato sangue per arrivare dove arriva il treno.

Il Bikepark Prarion – Les Houches

Un biker italiano (sarà stata la stanchezza ma lo ricordo come particolarmente antipatico) ci da una buona notizia. Risalendo qualche metro invece di prendere la strada asfaltata, nei pressi dell’impianto di Prarion, ci sono i trail del bike park di Les Houches.
Non sappiamo dove prenderli, come saranno, dove arriveremo, ma abbiamo voglia di divertirci.
Iniziamo la discesa lungo una pista da sci, dopo poco una freccia: pista per VTT. E’ la nostra.
Qualche pedana, qualche trampolino (evitato), appoggi artificiali in curva: ci liberiamo dopo la fatica della salita. E’ il piacere dell’ignoto che ti guida in quei momenti. Il gusto dell’improvvisazione.
A proposito, quando ci sediamo al bar a Les Houches a berci due meritatissime birre fresche servite da una simpatica cameriera è ancora giorno, alla faccia del “corvo” della Croix du Bonhomme. Anzi sono solo le cinque del pomeriggio.

Il rifugio

Google Maps ci aiuta a trovare il nostro rifugio, il Chalet Les Méandres.
Anche se siamo appena fuori dal paese e non su un sentiero alpino, lo stile è ugualmente molto spartano. Camerate, due bagni in comune, cena in condivisione con una sbobba tipo “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, che finisce comunque subito. Guardando il Monte Bianco, il margine inferiore del Ghiacciaio de la Griaz. E questo basta a perdonare le capacità incerte del cuoco.
Prima di dormire, briefing. La giornata di domani si presenta molto pesante. E’ il momento di mettere in campo le alternative studiate a tavolino. La seconda tappa si è conclusa con 38 km. e 1.588 m. di dislivello, ma quella di domani è la tappa più lunga e chiaramente la più temibile e delicata per la buona riuscita del nostro Tour.
Ma non è ancora il momento di svelare nulla, la seconda tappa del Tour del Monte Bianco finisce qui.
Appuntamento a domenica.


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