Single speed: una nuova passione inaspettata

Single speed al mare di Cogoleto
Pausa sulla spiaggia di Cogoleto

E così, dopo anni di utilizzo sporadico (qualche uscita cittadina, qualche breve giro e la bella pedalata sulla Ciclabile sulla Riviera dei Fiori), è arrivato il mese della single speed.
Un mese dedicato, quasi esclusivamente, alla pedalata semplice, diretta, della mia Commencal Uptown con un rapporto solo.
Probabilmente stavo cercando una novità, che mi permettesse di variare l’allenamento e trovare stimoli nel migliorare le prestazioni. Tenuto conto del fatto che in realtà non seguo mai tabelle di allenamento, giusto o sbagliato che sia, avere un solo rapporto per tutti i percorsi è sicuramente un modo di mettere alla prova il proprio cuore e le proprie gambe.

Capanne di Marcarolo

La tentazione mi è venuta mentre mi mettevo d’accordo con gli amici per organizzare il giro del sabato.
Con l’arrivo dell’inverno le uscite si accorciano. Il fisico si merita un po’ di riduzione del carico di lavoro. Però, perdere completamente la condizione…Allora, è arrivato il momento del famoso allenamento di qualità: più lavoro in meno km..
Sul Passo del Turchino ero convinto di arrivarci, magari galleggiando faticosamente, inseguendo a distanza gli amici. Invece… Quando la pendenza aumenta e devo cominciare a spingere in piedi, prendo vantaggio e non posso più abbandonare il ritmo. Il volano monomarcia ha preso avvio. Arrivo in cima per primo, con un vantaggio di qualche minuto.
Ci aspetta un’altra salita, ma ormai ho preso coraggio.
Abbandonato Campo Ligure, la salita tocca in alcuni tratti il 14-15%: devo zigzagare per non mettere il piede a terra. Il cuore batte forte. Mi sporgo il più possibile oltre il manubrio. Concentro tutto il peso del corpo sul 38×18, spingo e tiro. I pedali mi offrono tutto l’appoggio di cui ho bisogno. Mi concentro e conto le pedalate. Quando la strada spiana sono già lanciato, mistero dell’inerzia single speed. Dopo le Capanne di Marcarolo, si gira a destra. In Praglia tocco la soglia dei 1.250 m. di dislivello.

Giro della Bocchetta

La sfida prosegue la settimana seguente.
La proposta è fare il Giro della Bocchetta. Senso orario o antiorario? Da Campomorone (versante tipico delle sfide del Giro dell’Appennino) non posso farcela, ma da Voltaggio ci posso provare.
Prima tappa, i Giovi: una salita che frequento da sempre, il mio primo valico in single speed, percorso ad inizio estate. Una salita perfetta per una spinta regolare, rotonda e potente.
La Castagnola è una salita breve, piuttosto dolce, ma negli ultimi tre-quattro cento metri nasconde un’impennata su cui perdo il ritmo. Che figura ci faccio se ora mi prendono? Ne avrò ancora per l’ultima salita?
Per il momento mi godo alla grande la discesa. I pedali girano a vuoto. Cerco la posizione più slanciata. Allungo il collo sopra la ruota anteriore. Sfioro appena i freni. I mozzi scorrono veloci. Sto in gruppo fino in fondo alla discesa.

Comincia la salita vera

I Mulini di Voltaggio saranno il mio trampolino. Ormai ho imparato la logica single speed: dove inizia la salita, stringo forte il manubrio e vado in fuga. Una fuga obbligata, non cercata. O pedali o ti fermi.
Dopo il nuovo asfalto liscio, torna purtroppo quello tutto buche e rughe che caratterizza la salita da alcuni anni.
Inizio a scansare le buche, poi la traiettoria comincia a disegnare anse più ampie. Non ci sono auto che scendono, nel punto della massima inclinazione del percorso sfrutto più strada che posso, cercando la massima scorrevolezza e la pendenza minore. Il cuore batte forte, il fiato esce con forza dai polmoni per far spazio ad ossigeno fresco.
E’ strana la sensazione che rimane dopo aver affrontato i punti più duri: sembrano quasi più brevi che affrontati con la bici da corsa. Non cerchi riferimenti sul percorso, tutto è fermo intorno, solo la ruota gira insieme ai pedali.
Nell’ultimo km. in mezzo ai pini, limo 26 secondi al mio miglior tempo. Anche oggi il cancello da 13 kg. con un rapporto solo mi ha portato a fare 1.250 m. di dislivello.

Riviera di Ponente

Domenica 17, vado a girare le gambe fino a Cogoleto, per smaltire la fatica appenninica del giorno prima.
I ruotoni sono perfetti per l’asfalto cittadino irregolare. I 3 bar attutiscono bene i colpi dei tombini, delle toppe precarie, delle riparazioni stradali inadeguate. Un po’ di surplace ai semafori, un colpo di pedale e si riparte.
In mezzo ad un gruppo di stradisti frullo al massimo per stargli dietro. Passo in testa sui dossi. Giro i pedali al massimo nelle discese, finché la catena aggancia la ruota, finché non mi riprendono.
Mi merito un caffè. Oggi poco dislivello, ma rpm all’infinito.

Giro dopo lavoro

L’uscita dopo l’orario lavorativo è un momento importante della preparazione settimanale, perché da continuità all’allenamento. La stanchezza, però, in inverno trova facili alleati nel freddo e nel buio serale. Lo sforzo mentale dell’allenamento inizia prima di aver agganciato il piede sul pedale.
Oggi voglio provare il nuovo tenditore che ho montato. Il telaio non ha i forcellini aperti per regolare la tensione della ruota posteriore. Così, mentre la catena manifesta i primi allungamenti, non ho registri per annullarne il fastidioso, ma anche pericoloso, allentamento.
Non ho in programma niente di speciale, solo una serie di vasche nei dintorni di casa. Non ho voglia di fare salite.
Il buio cala impercettibile ed inesorabile. Non è un tramonto scenografico, ma è sempre bello vivere questa transizione, momento per momento, pedalata dopo pedalata. Arriva il momento di accendere le luci a led. Il traffico cittadino cala. La fame cresce. E’ il momento di rientrare.
Il nuovo tendicatena è ben allineato. Fa solo un po’ di rumore, sopportabile, in fase di rilascio.

Ancora Riviera

Voglio fare qualche km. in più rispetto all’ultima volta. Così arrivo fino a Celle Ligure.
E’ bello vedere le reazioni dei ciclisti che passo. Si risvegliano dal loro torpore. Vogliono mettersi in mostra e dimostrare che non si fanno superare da un eclettico senza cambio e, quasi sicuramente, senza curriculum ciclistico. E cadono nella trappola dell’elastico single speed. Dopo avermi superato in piano, pensano di essere al sicuro, distaccandomi di qualche centinaia di metri. La differenza è che mentre loro “fanno corsa” su di me, io faccio la mia strada. Spingo il mio rapporto, faccio la sola velocità che mi è concessa dal solo rapporto e dalle sole gambe che ho. Sulla salita dei Piani di San Giacomo rimonto e sorpasso e arrivo ai Piani d’Invrea da solo.
Al ritorno sento un po’ di acido lattico nelle gambe. La pioggia mi accompagna negli ultimi chilometri. Provo anche i pneumatici semi slick sull’acqua. La tenuta è ottima, ma il taglio centrale tira su più acqua di quella che cade dal cielo.

Ottobre single speed

La single speed: un mondo ciclistico marginale, parallelo, abitato da matti alternativi. Pericoloso, perché crea cumuli di endorfine, emana buone vibrazioni e quindi manifesta un alto rischio di dipendenza.
Chiudo il mese di ottobre con 325 km. su single speed e 3.657 m. di dislivello: salite, discese, vento, pioggia, sole, buio, luci, sudore, dolore, gioia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Don`t copy text!