Martesana Van Vlaanderen – Solo Edition 2021

Martesana Van Vlaanderen
L’ossario a Imbersago – Il Kappelmuur della Brianza

A metà strada tra Ambra e un pro World Tour, pedalo in direzione est lungo il Naviglio Martesana, l’auricolare nell’orecchio. Non è il compianto conduttore radiofonico e regista, né un concitato direttore sportivo a parlarmi, ma la voce femminile di Komoot. Sarà la mia guida lungo le infinite svolte, incroci e deviazioni disseminate lungo il percorso.
Ieri il mio gps non ne ha voluto sapere di caricare, e soprattutto, visualizzare la traccia che dovrò seguire. Mi affiderò solo alla suddetta app di tracciamento: è la prima volta che la uso.
Lungo il Naviglio Martesana comincia il mio Martesana Van Vlaanderen. Un percorso gravel che, costeggiando poi l’Adda, mi porterà sui colli della Brianza, per fare ritorno ad Inzago.

Cos’è il Martesana Van Vlaanderen

Il MVV è nato nel 2016 come un’iniziativa sportiva dedicata agli amanti dei percorsi avventurosi tra asfalto, ciottoli, sterrati, ghiaia e muri (anche se non lastricati dal mitico cubetto di pavé nordico) che hanno reso epico e famosissimo il più importante cugino: il Giro delle Fiandre.
Dopo quattro edizioni, il raduno non competitivo si è trasformato in una cavalcata solitaria, causa restrizioni Covid.
Quella che è rimasta immutata è la bellezza di un percorso che non è solo una prova ciclistica, una sfida con se stessi, come tutti gli appuntamenti ciclistici importanti della stagione. E’ anche un viaggio nella natura, nella scienza, nella tecnica, nelle conquiste del genio umano, nella storia culturale, industriale e sociale di una terra fortunata e caparbia, operosa ed operaia, precorritrice, nel bene e nel male, della storia del nostro tempo.
Una scusa per cominciare ad amare questo angolo di Lombardia, per chi, come me, ne ignorava l’esistenza.
Un tuffo nelle acque dei canali e dei corsi d’acqua che solo la bicicletta ti può permettere di fare.

Il Naviglio della Martesana

Il Martesana Van Vlaanderen ha inizio, ovviamente, lungo il Naviglio Martesana, ad Inzago. Il percorso ciclopedonale, lungo questo braccio dei navigli lombardi, ha inizio da Milano, per chi volesse esplorarlo.
Dopo un primo tratto in direzione est, si piega verso nord, risalendo il canale. Siamo in pianura, la pendenza del canale è impercettibile, ma la prima ghiaia, compatta, su fondo duro, si sente nelle gambe e la velocità non va molto oltre i 20 km/h.
Qualche ciclista, alcuni podisti, qualche pedone, una scolaresca. Tutto prosegue in tranquillità. In certi momenti sono solo. Pedalo, la voce nell’auricolare.
A fianco scorrono le chiuse, le prese d’acqua per i campi, una ruota per l’irrigazione…”prosegui a destra lungo via Fara”…speriamo bene. Ogni tanto mi fermo e controllo la traccia sul cellulare.

I primi muri del Martesana Van Vlaanderen

Il Martesana Van Vlaanderen non sarebbe tale senza i muri. Spezzano il ritmo, accumulano acido lattico nelle gambe, sono dei perfetti trampolini di lancio, se su questo percorso si svolgesse una gara.
Il primo è il Vavarmuur. Niente di temibile: un bel giro attraverso il centro storico di Vaprio d’Adda.
Raggiunta Brembate, si abbandona per un tratto l’Adda e si percorre un singletrack nel bosco lungo il fiume Brembo.
L’acqua è impetuosa, il suo rumore accompagna la guida.
La gravel è decisamente la scelta più azzeccata per questo percorso. Ho già pedalato su asfalto, ghiaia, terra, fango e chissà cos’altro troverò.
Sto per arrivare a Crespi d’Adda, mi aspetta il Capriatmuur, ma soprattutto il Villaggio Operaio di Crespi d’Adda. Una scoperta assoluta. Un monumento fermo nel tempo, ma vivo, visitabile e tutelato dall’Unesco. La testimonianza di una famiglia industriale illuminata che ha trasformato la storia, fondato un paese, creato due centrali idroelettriche. Tutto nel raggio di poche centinaia di metri lungo la sponda dell’Adda.
A Concesa, si attraversa l’Adda, passando a fianco alla presa del Naviglio Martesana. Si affrontano i tornanti del Muro di Trezzo o Harspelbochtmuur.

Il Padernmuur

E’ uno dei simboli del Martesana Van Vlaanderen. Arrivato alla presa del Naviglio di Paderno, lo sguardo viene rapito dal ponte di Paderno (o di San Michele): meravigliosa opera in ferro a singola arcata. Mi torna in mente il ponte in ferro progettato da Eiffel che collega Porto a Vila Nova de Gaia.
Si cambia argine e si torna indietro. All’inizio di una curva a destra, nascosti all’ombra delle fronde, compaiono i temutissimi ciottoli: il Padernmuur.
La prima rampa che segue il tornante è abbastanza dolce. Ti da il tempo di adattarti. E’ un crescendo. Sono tre tornanti, la pendenza media è del 12,5%. Non oso alzarmi sui pedali. L’ultimo pezzo in rettilineo non capisci dove finisca la strada. Ok, è fatta.
Poco dopo passo a fianco al Ponte di Paderno.

Le colline brianzole

Il territorio di Imbersago conduce dal fiume alla collina. Segna il passaggio dalla provincia di Bergamo a quella di Lecco. Il percorso vira dalla storia alla natura. Non poteva avvenire che sotto il segno di Leonardo da Vinci.
L’Addaveerbootmuur è un rettilineo al 7% di media, il primo tratto su fastidiosi autobloccanti.
Mi fermo a mangiare una barretta sul piazzale della chiesa dei Santi Marcellino e Pietro. L’ossario eretto sul bivio della salita mi richiama alla memoria il Kappelmuur del Muro di Grammont. Sono decisamente nelle Fiandre.
Quando, dopo alcuni chilometri, arrivo all’Oasi di Galbusera Bianca, rimango stupito dalla bellezza di questa campagna curata, ma sincera. Un borgo da sogno, dove la natura ha trovato l’equilibrio con l’uomo.
La carrabile sterrata in mezzo ai vigneti da soddisfazione ai miei pneumatici da 37 mm.
La salita che segue l’Oasi di Galbusera Nera è la più impegnativa di tutto il percorso: ripida, piena di gobbe, prima in terra, poi in cemento, sul finale spuntano i sassi del pavé. L’anteriore si impenna sotto le pedalate. Guardo la pendenza sul computerino: 16,8%.

Le vette del Martesana Van Vlaanderen

E così dopo aver affrontato la salita di Lissolo e lo sterrato che porta a Montevecchia, un ligure che, qualche volta, per lavoro, ha visitato Desio, Monza e i comuni limitrofi, scopre che la Brianza ha anche delle colline. Che la vista da quassù fa sembrare perfino bello quel susseguirsi orizzontale del terreno là in basso.
E’ solo un attimo. Una vertigine passeggera. Nella basica geografia binaria di un ligure, il piano dell’orizzonte visto dai monti ha il colore blu del mare. Mi giro e riparto. Mi aspettano ancora una quarantina abbondante di chilometri.

Il rientro

Purtroppo la guida di Komoot mi tradisce sul rientro. Probabilmente manco un bivio in zona Merate. Il percorso viene ricalcolato. Non me ne accorgo e così il ritorno verso Inzago lo faccio tutto su asfalto, lungo i trafficati e noiosi rettilinei di pianura.
Quando rientro sul Naviglio Martesana, ricordando dalla cartina che c’era un piccolo anello da percorrere, proseguo, nella speranza che il mio navigatore agganci il tratto finale della traccia. Purtroppo, invece, ricomincio lo stesso percorso della mattina, così decido di tagliare dritto per la statale e tornare alla macchina.
Mi sono così perso un breve giro sui colli, qualche salita e il finale attraverso il Parco dell’Alto Martesana, ma il mio Martesana Van Vlaanderen Ride Solo Edition posso dire di averlo percorso comunque.
D’altronde, l’avventura e l’incognita dell’errore rientrava nello spirito di questa intensa e solitaria edizione.


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