Prima tappa Tour del Monte Bianco

Il Col de la Seigne – al confine tra Italia e Francia

Giovedì 11 luglio 2019. Ritrovo ad Ivrea. Unico ligure in un gruppo di piemontesi. Cambio auto e si riparte alla volta di Courmayeur.
A dire il vero non abbiamo troppa fretta, viaggiamo con calma, chiacchieriamo e, arrivati a Courmayeur, ci fermiamo a comprare la focaccia in una focacceria di proprietà di una famiglia genovese trasferita in Valle d’Aosta (queste sono notizie importanti da sapere quando si valica l’Appenino).
Non so gli altri, ma io in realtà quando sono agitato per davvero, rallento. Prendo tempo. Per cercare di mantenere il controllo. Sarà per questo che mi sento così terribilmente tranquillo?
Nel piazzale dove lasciamo le auto, ricontrollando tutto, lo zaino, la pressione dei pneumatici, le barrette energetiche, i pensieri affollano la testa: ce la farò a pedalare quattro giorni di seguito? Andrà tutto bene? Qualcuno di noi andrà in crisi? Perché l rischio più grande è che ti ceda la testa, non il fisico. Dimentico qualcosa? Sicuramente si, ma è ora di andare.
Si pedala. Comincia la prima tappa del Tour del Monte Bianco.

La Val Veny

Il primo giorno, il percorso prevede che risaliamo tutta la Val Veny fino al Col de la Seigne a 2.512 m., salendo il Massiccio del Monte Bianco in direzione sud-ovest. In realtà c’è un’asperità – l’Arp Vieille Superieure a 2.303, all’inizio del Vallon de la Lée Blanche, dopo la quale si perde un po’ di quota, prima della salita finale al passo. Giusto per far crescere il conteggio finale di giornata del dislivello.
La parte iniziale su asfalto alterna qualche falsopiano a salite dalle pendenze importanti. Alla nostra destra domina il Ghiacciaio del Miage.
Non avevo dubbi che sarei stato quello con lo zaino più pesante (10 kg.) e quando ci fermiamo a prendere acqua capisco che ci vorrà un po’ ad abituarmi a quel peso. Opto sempre per la scelta “meglio non usarlo, che rimpiangere di non averlo portato”. Soprattutto per l’attrezzatura meccanica.
Quando comincia lo sterrato, la strada rimane larga, ma la pietra smossa non aiuta a gestire l’anteriore che spesso si solleva per aria quel tanto che basta per perdere la direzione. Complice anche lo zaino che porta il peso all’indietro.
Così, prendo fiato qualche volta in più degli altri e rimango ultimo: Teo è giovane e sportivo, suo fratello Luca non può certo sfigurare, Angelo lo so che è un “cagnaccio” da salita. Ci mancava anche Fabio…
Salendo in quota il sentiero si restringe, il fondo diventa di terra compatta, tra prati verdi e qualche lembo di neve. E la pendenza un po’ si addolcisce.

La Casermetta e il Col de la Seigne

L’ultima salita. Vedo in cima i miei compagni fuori dal rifugio. Ci siamo.
Ma no. Non è il Colle. E’ la Casermetta, una costruzione a 2.365 m. che ospita il centro di educazione ambientale dell’Espace Mont-Blanc. In quel momento non mi è molto chiaro cosa serva. Ma capisco due cose: è un motivo valido per una pausa e…mancano ancora quasi 200 m. alla cima.
Il tratto che segue non si pedala facilmente, per la stanchezza, il fiato corto a causa dell’altitudine e per la pendenza più che per la difficoltà del terreno. Ed è qui che fa la sua prima comparsa il “portage”. A Genova si direbbe “camallare”, nobile mestiere portuale consumato dalla fatica e dal tempo. Il suono francese, più dolce ed elegante, non cambia la sostanza: 24 kg. in spalla (tra zaino e bici), con il sorriso fino in cima. Era un’ipotesi già messa in conto. Si trattava solo capire per quante ore, durante tutto il tour, la bici si sarebbe goduta il paesaggio sulle mie spalle invece di fare il suo dovere. D’altronde siamo in montagna, chi non pedala, cammina. Passo, dopo passo, dopo passo…
Il Col de la Seigne è innevato, mangiamo i nostri panini, e la focaccia, qualche metro prima di svalicare, con vista sulle Pyramides Calcaires, al riparo dal vento che ha cominciato a soffiare e che ha oscurato per la prima volta il cielo.

La discesa

La discesa verso les Chapieux dal punto di vista ciclistico (delle difficoltà tecniche che in mountain bike danno l’adrenalina e il divertimento) non è indimenticabile: un sentiero sterrato ad ampiezza variabile, ma quasi sempre largo, con una serie di tornanti appena sopra al rifugio des Mottets.
La valle che si apre allo sguardo scendendo è bellissima. Ovunque prati e cime. Le più basse svettano sopra i 3.000. La stanchezza sparisce. Cominciamo a comprendere il valore dell’impresa che stiamo facendo.
La seconda parte della discesa dopo il Refuge des Mottets la percorriamo “a vista”: davanti a noi si aprono più sentieri, chi va a destra, chi va a sinistra. Ci inseguiamo senza schemi all’ombra del ghiacciaio.
Les Chapieux è un piccolo borgo alpino situato a circa 1.700 m. dove il percorso del Tour del Monte Bianco gira verso nord ricominciando a salire. E’ il posto ideale dove passare la prima notte: caratteristico, lungo il percorso, isolato, dotato di due rifugi dove dormire con…nessun letto libero. Tutti prenotati.
E così, raggiunto l’asfalto, scendiamo fino a Bourg-Saint-Maurice. In 15 km. perdiamo 1.000 m., a tutta velocità. La fatica è sparita da un pezzo. Solo la gioia di sentirsi liberi a tirare staccate al limite prima delle curve e sentire l’aria sulla faccia. Non ricordo neanche più di avere uno zaino in spalla.

Bourg-Saint-Maurice

Credo che nessun partecipante al Tour del Monte Bianco in mountain bike (o meglio Tour du Mont Blanc, siamo in territorio francese ormai) faccia sosta qui. Troppo lontano dal percorso. Forse anche un po’ troppo cittadino.
Invece, terminare la prima tappa del Tour del Monte Bianco a Bourg-Saint-Maurice si rivela una scelta azzeccata. In primo luogo, perché ho avuto la possibilità di far sistemare il cambio della mia Commencal Meta in un bike shop locale.
Il cambio era duro da qualche tempo. Avevo fatto sostituire la guaina qualche giorno prima di partire (di solito mi faccio le manutenzioni da solo, ma volevo andare sul sicuro…). Quel passaggio stretto tra movimento centrale e carro posteriore strozza la guaina e rischia di bloccare lo scorrimento del cavo all’interno – “Ces cadres ont ce problème”. Così, nuova guaina, nuovo cavo e cambio a posto.
E poi a Bourg-Saint-Maurice abbiamo dormito (dopo 44 km. e 1.430 m. di dislivello positivo) in uno chalet a forma di cubo, uscito da una rivista di design: una sorta di open space su due piani.
Abbiamo scoperto una bella cittadina di montagna, centro di tante attività sportive. E piena di bikers. Sicuramente la mia base per quando affronterò la salita al Col dell’Iseran. Perché prima o poi la farò la salita più alta d’Europa.
Merito di Teo che aveva prenotato. Merito di Teo anche la soluzione per recuperare senza fatica i 1.000 m. di dislivello che ci separano dall’inizio del sentiero il giorno successivo.
Ma questo ve lo racconterò nel prossimo post della seconda tappa del Tour del Monte Bianco.



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